Diario
20/07/2012, Nuovo Quotidiano di Puglia, di Marinilde Giannandrea, foto Massimiliano Spedicato
Quando Norman Mommens e Patience Gray si trasferirono nel 1970 nel Salento questa terra era un'altra terra. Il loro buon retiro era Spigolizzi, la masseria della campagna di Salve, lontana dai flussi del turismo e del consumo di massa, che offriva la solitudine e gli ampi spazi necessari alla scultura dell'artista fiammingo in cerca di nuovi orizzonti geografici ed esistenziali.
Oggi le sue opere si allontanano momentaneamente dal luogo nel quale sono state create e trovano spazio nelle scuderie di Palazzo Risolo a Specchia per la mostra "Merìca e le visioni", (inaugurazione questa sera alle 20.30), la doppia personale curata da Ada Martella che accosta le sculture di Mommens alle incisioni del salentino Andrea De Simeis.
Artista, botanico, astronomo, intellettuale poliedrico, capace di radunare gruppi di giovani intellettuali e creativi, Norman Mommens era belga di nascita (1922-2000) ma inglese d'adozione ed era stato sposato, prima di incontrare Patience, con la nipote dell'evoluzionista Charles Darwin. Duramente provato dagli anni dell'occupazione nazista, nel 1952 aveva cominciato a lavorare la pietra, una passione che lo aveva portato con la sua compagna prima a Carrara e poi a Spigolizzi, un approdo quasi naturale per il loro nomadismo creativo e un luogo molto amato dove hanno vissuto e lavorato fino alla fine.
Lo ricorda "Verso Sud", il libro di Marilena Cataldini, Caterina Gerardi e Marina Pizzarelli, che raccoglie le immagini e le storie degli artisti stranieri che hanno scelto di vivere e lavorare nel Salento. Tra tutti Mommens e Patience hanno rappresentato un importante punto di riferimento e a Spigolizzi si sono formati intellettuali e ambientalisti che qui hanno sempre trovato accoglienza.
La mostra di Specchia ricostruisce il percorso delle sculture, che sono solitarie figure in pietra o geometrie colorate, comunque legate ai luoghi nei quali sono nate.
Autore di testi come "Remembering man", d'illustrazioni per bambini e di libri fatti a mano, che donava a Patience per il suo compleanno nel giorno di Halloween, ha dato vita alla lucertola salentina di "Coppula tisa", oggi movimento di difesa e tutela ambientale guidato da Edoardo Winspeare.
Anche Andrea De Simeis è profondamente legato ai luoghi nei quali vive ed è studioso di materiali e di botanica. Crea colori dalla bauxite e carta dal fico recuperando e adattando all'habitat pugliese antiche tecniche orientali. Ne ricava preziosi pigmenti e raffinati supporti per le incisioni realizzate con il torchio a stella, tradizionali nell'impianto figurativo e popolate da cavalieri dal sapore rinascimentale che fondono cultura occidentale e mediorientale.
Si ritrova nel lavoro di questo giovane artista di Martano la passione per il recupero e l'uso di strumenti desueti e la sincera nostalgia per un passato scomparso che ripropone in immagini e strutture narrative vicine agli antichi racconti.
Fondatore del gruppo Cubiarte, sostiene orgogliosamente il diritto a "non andare via", legato alla terra e alla difesa delle tradizioni artigiane e porta a Palzzo Risolo le incisioni del "Saladino malinconico", un personaggio nel quale si identifica e che incide "solitario sul suo cavallo e nel groviglio della battaglia".
La mostra, visitabile fino al 28 luglio, è sostenuta dalle Cantine Merica di Supersano e fa parte del ricco calendario di "Extra", il programma collaterale alla nona edizione della "Festa del Cinema del Reale" che apre le sue visioni dal 25 luglio.
Marinilde Giannandrea
ANDREA DE SIMEIS, IL SALADINO MALINCONICO di Ada Martella
Andrea De Simeis è incisore ma anche appassionato di botanica, essiccatore di piante che distilla con ventate di vapore. Costruttore di carta fatta con l’anima del fico, da raccogliere quando la pianta va in letargo e la corteccia che protegge l’anima è in dormiveglia. Seguendo la tecnica antichissima dei giapponesi che usavano un tipo di gelso. Andrea ha cercato di coltivare il gelso giapponese in Salento, ma la pianta aveva nostalgia del freddo secco della sua terra, cresceva con lentezza. Così, grazie all’ingegno e il desiderio di cercare un sostituto, Andrea ha incontrato la pianta del fico e con il nonno ha riprodotto la tradizionale fucina giapponese. Grazie al fico, creatura assai diffusa in Salento, si immerge nella disciplina dei cartai orientali che è agl’antipodi di quella occidentale basata sulla macerazione. Come i giapponesi, costruisce la sua carta in una lotta contro la macerazione, tutta la materia deve rimanere vitale almeno sino al compimento dell’azione: il foglio di carta pronto per essere usato senza perdere la propria dignità.
È artigiano finissimo perché ha nelle mani la saggezza e la pazienza di aspettare che tutto arrivi a maturazione. I tronchi del fico della giusta età, gli ammolli dell’anima interna del tronco nella liscivia, la lenta maturazione della carta impastata a mano, l’essiccazione delle piante da cui estrarre i suoi colori e tanti altri gesti che rimangono nascosti nel mistero del suo laboratorio. Andrea De Simeis è lui stesso Saladino, il raffinato e colto condottiero mussulmano che ha più volte inciso solitario sul suo cavallo o nel groviglio della battaglia popolata da cavalieri rampanti e fanti, tutti immersi nella malinconia orientale. Come Saladino, prepara con lentezza e perizia il suo personale campo di battaglia, le lastre di zinco, rame e ferro dove lasciare il segno che diventa racconto di imprese epiche, ma soprattutto di sentimenti che sembrano appartenere al passato. Poggiando gli occhi sui segni neri incisi sulla carta fatta a mano viene il sospetto che il tempo non è mai passato.
Nota BiograficaAndrea De Simeis è artigiano eclettico con una forte passione per la Calcografia e la Carta maturata nel percorso universitario presso l'Accademia di Belle Arti di Lecce. Fondatore del gruppo Cubiarte, pratica con solerte dedizione la stampa originale al torchio a stella. Le sue incisioni sono impresse su fogli vergati a mano da lui medesimo: carte di fibre naturali tradotte da piante di tutto il bacino del Mediterraneo. Contrario all’ostinata tendenza di sperare nel Nord delle opportunità, crede nella sopravvivenza delle arti, erroneamente elencate come minoritarie, cariche del valore esperienziale di antichi saperi e tradizioni, capaci di attendere nuovi obiettivi tecnici e sociali. Nel 2010 riceve un importante riconoscimento al merito dalla Biennale Internazionale di incisione di Acqui Terme.
Ada Martella